domenica 5 Gennaio 2025
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Direttore: Magda Bersini
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Intervista a Roberto Mancini

Riparte con quest'intervista l'appuntamento con il Mondo di Domani, ogni primo del mese

L’impegno giornalistico nella lotta alle mafie presenti nel territorio valdostano, il bellissimo libro “Non sono bello ma placco” che racconta una storia sportiva e sociale sino al blog “il bolscevico stanco”. Roberto Mancini, l’impegno sociale che ha contraddistinto la tua vita può essere riassunto coi termini lotta e resistenza?

R. Sì, credo che questi due termini riassumano bene la mia esperienza, prima politica nel PCI fino al 1978 e poi giornalistica. In ogni caso la mia scarsa sensibilità ambientale ci mise almeno 20 anni a capire che la Regione autonoma VDA era uno scatolone consociativo, in cui l’opposizione fingeva sanguinosi incontri di boxe con la maggioranza, ma in realtà inscenava match di wrestling , scenicamente drammatizzati con passata di pomodoro….. In questo quadro, la libera informazione non si imbatte in molti praticanti: spesso può trovarsi, suo malgrado, a surrogare funzioni di opposizione che non le competono. E’ quanto mi è successo, senza alcun merito particolare. “ Lotta e resistenza” sono termini lusinghieri, ma troppo solenni per la mia modesta esperienza: credo che “beati monoculi in terra caecorum” illustri meglio la realtà che ho vissuto in questa morta gora alpina. Come diceva Chiamparino, “esagerùma nén”….

Nel 1992 usciva “La fine della storia e l’ultimo uomo” di Francis Fukuyama. La caduta del muro di Berlino e del blocco sovietico veniva interpretato come l’alba del culmine umano del progresso. La diffusione del pensiero liberale avrebbe dato alla luce una nuova era. Viste le tensioni internazionali attuali, pare che le cose siano andate in modo diverso. Roberto Mancini, cosa è successo?

R. Fukuyama cercò solo di dare una parvenza di accettabile veste accademica ad un brutale pensiero strategico-programmatico dell’establishment anglosassone (Usa, Uk, Canada, Australia, New Zeland, i “ five eyes”), che in quell’epoca andava maturando al loro interno: la fine della Guerra Fredda intesa non già come il termine di ogni tensione internazionale, ma come un’occasione irripetibile di egemonia mondiale, unipolare, da parte del sistema capitalista. Con tanti saluti alla coesistenza pacifica.
Mi chiedo con quale fiduciosa dabbenaggine questa maldestra manovra di copertura ideologica, malamente esposta da uno studioso mediocre, abbia potuto essere accettata da politici navigati quali Michail Gorbaciov.

La globalizzazione viene, a volte, interpretata come l’emanazione economica dell’egemonia imperialistica americana. In questi anni assistiamo ad un cambio di rotta economico che si declina attraverso dazi e leve finanziarie contro i paesi non allineati. Secondo te , possiamo interpretare questi fenomeni come il tentativo di sopire la volontà di paesi terzi nel creare un mondo multipolare?

R. Assolutamente sì. Non solo di sopire, ma di conculcare e impedire con ogni mezzo (economico, politico militare , finanziario, spionistico)l’ipotesi di un mondo multipolare. La dottrina militare Usa, adottata da Obama, non è certo segreta, e prevede entro il 2035 la guerra alla Cina. Più chiaro di così…

Attraverso le tue lezioni all’università della terza età di Aosta, racconti l’eterno conflitto fra Israele e Palestina. Come vedi il futuro prossimo venturo del Medio Oriente?

R. Come il coronamento della pulizia etnica antipalestinese iniziata già nel 1948 da Israele. E’ atto una giudaizzazione forzata della Palestina, di cui il metodico sterminio di Gaza e gli orrori dell’apartheid in Cisgiordania sono il coronamento finale. Ma il piano parte da lontano. Sentite in proposito il diario di Teodoro Herzl, padre fondatore del sionismo, che così scrive nel suo diario del 12 Giugno 1895: “…. Ci adopereremo per espellere inosservati la popolazione povera oltreconfine, procurandole occupazione nei paesi in cui transiterà, ma negandogliela nel nostro”.
E ancora: “sia il processo di espropriazione sia l’allontanamento dei poveri devono essere portati avanti in maniera discreta e cauta”. Dunque secondo questa tesi la pulizia etnica praticata oggi da Netanyhau non è un frutto anomalo figlio degenere del sionismo, ma un suo normale sviluppo. Entrambe le citazioni sono tratte dallo storico israeliano Ilan Pappè ( “Ultima fermata, Gaza”, pag 80) . Mi permetto di raccomandare la lettura delle sue opere: un cigno in uno stagno di papere.

Tornando alla politica interna, la seconda repubblica ha dato all’Italia una alternanza di governi di vari colori politici. Pare tuttavia che a livello di politica economica e di politica estera poco cambi, cosa ne pensi?

R. Concordo, si tratta di un processo tipico del paesi a sovranità limitata, di cui l’Italia è squallido ed insuperato esempio dal 1945. Da manuale in proposito l’esempio del premier D’Alema, cui venne concesso di governare a patto di bombardare la post Jugoslavia in segno di fedeltà atlantica. Insomma chiunque governi, post comunista o post fascista, deve lasciare politica estera e chiavi della cassaforte all’Impero del Bene. La sovranità nazionale? Viene riservata al ministro della Marina Mercantile, come faceva la Dc….

Parlando di lavoro, da Treu ad oggi si è assistito ad una erosione dei diritti sul lavoro, in nome della competitività si è promossa la flessibilità lavorativa declinata in precarietà dei lavoratori. Pensi che queste azioni fossero necessarie oppure era possibile percorrere un’altra strada?

R. Penso che la lotta di classe, praticata dai ricchi in questo ultimo trentennio tramite una scientifica erosione dei diritti sociali, sia stata mascherata da “legge economica oggettiva”. Una invereconda sbornia di neo-liberismo, resa possibile non solo dalla sagacia della Destra, ma dal tradimento della Sinistra.Hai presente il Pd valdostano? Tanto impegno nel difendere la fontina, poco o nulla per rappresentare i poveracci.

La concentrazione della ricchezza, le differenze fra gli strati economici del paese e l’immobilità dell’ascensore sociale paiono problemi irrisolti: sono tematiche dimenticate dalla sinistra?

R. Sì, assolutamente. La responsabilità risale a chi , all’interno dei fondatori del PD, ha voluto scientemente cancellare dalla memoria storica e dalla prassi politica la storia del Pci. Gente come Veltroni ha buttato via non solo l’acqua sporca, ma pure il bambino, tutto il bucato e pure il secchio….

Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti; dalla computazione quantistica alla ricerca sulla AI e sulla robotica, la competitività dei paesi viene misurata attraverso l’innovazione: l’esperienza Olivetti si potrà riproporre, in nuove forme, nel nostro paese?

R. E’ da quando sono nato (ahimè, in altra era glaciale…) che odo periodicamente questi stanchi peana verso “le magnifiche sorti e progressive” che ci verranno dalla tecnologia. Cambieranno le condizioni di produzione della ricchezza, non certo la sua distribuzione: già oggi si parla di “società dell’1%”. Da 30 anni le èlites marciano verso una sempre maggiore concentrazione di potere e ricchezza, che si è realizzata massacrando il ceto medio: non cambieranno certo direzione grazie alla AI. Consiglierei in proposito a questi progressisti da avanspettacolo la lettura del “dialogo del venditore di almanacchi” del conte Giacomo Leopardi.Il loro ostentato ottimismo da ufficio marketing ha scassato la uallèra.

Sempre su Olivetti: da storico, cosa ha rappresentato l’azienda per il nostro paese e quali insegnamenti possiamo trarne?

R. Adriano Olivetti resta un esempio insuperato e insuperabile di imprenditore illuminato, che si fa carico delle sue responsabilità sociali, non limitate al solo profitto. Un gigante di lungimiranza. Per ora in materia ci teniamo la signora Garnero, in arte Santanchè.

Concludiamo con una domanda aperta: hai una riflessione che vorresti trasferire alle generazioni future?

R. Sì, per capire il mondo contemporaneo forse lo slogan della gloriosa Rivoluzione Francese va declinato in un diverso ordine gerarchico: non più “Libertè, Egalitè, Fraternitè”, ma “Egalitè, Fraternitè, Libertè”.
Senza la libertà dal bisogno e dalla miseria, senza la giustizia sociale, non esiste alcuna libertà politica. “Egalitè” anche nei rapporti internazionali: il diritto alla sovranità ed indipendenza nazionale prescinde dal regime politico interno praticato. Sennò si giustificano le aggressioni imperialiste mascherate da “esportazione della democrazia” o “difesa della libertà”, slogan per gonzi.

Alessandro Trabucco