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IVREA – “Chernobyl Smile”: una cena per aiutare i bambini di Chernobyl

IVREA – Sabato 10 marzo 2018 alle ore 20 presso l’Oratorio della Chiesa del Sacro Cuore ad Ivrea, l’Unitalsi Ivrea organizza la prima cena di beneficenza del progetto Chernobyl Smile per aiutare i bambini di Chernobyl.

I bambini che verranno aiutati con la cena sono DISABILI con malformazioni fisiche dovute alle radiazioni, bimbi che vivono negli orfanotrofi in zone ancora oggi molto radioattive e sono tutti ORFANI o ABBANDONATI dai genitori.

In questa serata si potranno gustare piatti tipici della cucina russa e si potrà conoscere il progetto “Chernobyl Smile” con il quale verrà regalato un soggiorno al mare ai bambini della Bielorussia.

Si occuperanno della preparazione e del servizio in sala, con un progetto scuola-lavoro, gli insegnanti e gli allievi dell’Istituto Alberghiero “Gae Aulenti” di Cavaglià e si occuperanno della traduzione in russo del menu gli allievi del Liceo Botta di Ivrea.

Per prenotazioni: segreteria Unitalsi numero 346.8548370.

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Il Progetto

“Sono Stefano Bersano e sono un volontario dell’Unitalsi di Ivrea. Insieme ad un gruppo di volontari dell’Unitalsi di Monza ogni anno aiutiamo bambini disabili bielorussi a trascorre un mese di vacanza al mare in Liguria a Borghetto Santo Spirito. Lo scorso novembre abbiamo fatto visita ai nostri piccoli amici nei loro orfanotrofi della regione di Gomel, una delle zone ancora oggi maggiormente radioattive. Le loro condizioni di vita, le loro continue richieste di aiuto ci hanno fatto riflettere molto. Di ritorno da quel viaggio abbiamo perciò deciso di avviare come Unitalsi Ivrea il progetto Chernobyl Smile per non restare indifferenti di fronte alla sofferenza e per dare anche noi una mano a questi piccoli indifesi.”

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Tutto ha inizio da qui. Trentadue anni fa, il 26 aprile del 1986, lo scoppio di un reattore della centrale nucleare di Chernobyl, una piccola cittadina al confine tra Ucraina e Bielorussia, provoca una esplosione i cui effetti, purtroppo, continuano anche oggi. Le radiazioni la fanno ancora da padroni nell’acqua, nella terra, nell’aria bielorussa e tanti, troppi bambini sono destinati a soffrire di tumori, malformazioni fisiche e sofferenze di ogni tipo.

Come se tutto questo non bastasse, molti bimbi alla nascita vengono abbandonati dai genitori perché li vedono deformi, non hanno possibilità di mantenerli o più semplicemente perché in Bielorussia il disabile è ancora emarginato dalla società. Per queste piccole creature inizia così una vita piena di sofferenze e di solitudine, resa ancor più difficile dalla mancanza di una famiglia e dell’affetto dei genitori.

Certamente i bambini si ammalano anche fuori dalla Bielorussia ma qui la percentuale è altissima così come è molto alto il numero di bambini soli, ricoverati in Istituti – si chiamano Internati per essere precisi ed il nome è quanto mai tristemente azzeccato – in cui viene loro garantita la sopravvivenza ma con una scarsissima, se non inesistente, qualità di vita.

“Noi ogni anno da più di 20 anni ospitiamo questi piccoli per un mese di mare alla “Casa della Gioia” a Borghetto Santo Spirito.”

L’Unitalsi ha deciso di inserirsi nella catena di solidarietà di tante famiglie che ospitano in Italia bambini bielorussi scegliendo però di ospitare quelli disabili perché questi difficilmente troverebbero ospitalità in Italia.

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Questi bimbi, abituati ad essere solo un numero nel freddo grigiore degli orfanotrofi in cui vivono, qui da noi scoprono invece di essere considerati persone, scoprono la gioia di una carezza, di un abbraccio e, cosa che all’inizio li lascia davvero perplessi, scoprono persone disposte a perdere tempo con loro, a giocare con loro, a non imporre ma proporre. Scoprono persone che camminano adagio se loro vanno adagio senza forzarli, senza essere schiave del tempo, persone che chiedono cosa vogliono fare, persone che si mettono al loro livello senza problemi.

“Il ritorno in Bielorussia e la fine della vacanza è segnata però da tanta tristezza, da tanti tentativi e richieste di restare, da tante lacrime loro e dei volontari. Quello che ci viene chiesto, in mille modi diversi ma tutti ugualmente comprensibili, è la possibilità di tornare in Italia il prossimo anno per cinque settimane da bambini, da ragazzi, da persone e non da numeri.”

“Questa è la richiesta che tutti i bimbi ci fanno e che in particolare ci hanno fatto lo scorso novembre quando siamo andati a trovarli nei loro istituti in Bielorussia.”

Ed è per questo che stiamo bussando al cuore di tanti amici generosi perché sia possibile farli ritornare tutti, senza deludere aspettative e spegnere speranze.”

“Per questo ci rivolgiamo a Voi per aiutarci a portare ancora nel mese di maggio Pavel, Sacha, Irina, Adam, Ina, Misha… e tanti altri. Per loro davvero un mese in Italia è diventato una ragione di vita che rende sopportabile anche il resto dell’anno nell’assoluto anonimato degli Internati in cui vivono e che li aiuta a stare un po’ meglio fisicamente.”

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